La purificazione
Una delle mete ideali della cultura moderna è la formale purezza quattrocentesca: Atmosfera di limpide tarsie geometriche, sovrano distacco pierfrancescano, perfetto equilibrio di senso ed intelletto. A questa meta ideale che non è revival archeologico bensì naturale predisposizione d’animo s’è accostato Giampaolo Ghisetti, veneziano, pittore ancor giovane, che trepidamente si presenta ora nella sua prima mostra personale.
Egli dipinge con sapienza antica, cioè con quel rigore e quella sensibilità così rari nelle nuove generazioni: una lunga e paziente tensione verso la decantazione della materia, verso la sua trasfigurazione. Il primo richiamo culturale è naturalmente l’aurorale stagione degli anni Venti, quando appunto fu Piero della Francesca a dare il “la” a quel neo-quattrocentismo che era così vicino al metafisico rigore d’un Morandi e d’un Guidi (senza però l’incombente dell’enigma dechirichiano) o d’uno Schlemmer.
Evidentemente Ghisetti ha visto, studiato, capito; e la sua strada sorretta da un mestiere ben aduso alle artigianali perizie, non ha avuto tortuosi pentimenti. C’è nei quadri di Ghisetti, una nota di fondo: la dolce mestizia, quasi la nostalgia di qualcosa che è al di là dei sensi, al di là stesso dell’invenzione formale. Per via intuitiva, più forse che per tramite di cultura, l’artista s’è liberato non solo delle pittoresche grevità dell’oggetto, ma anche del fastidioso gusto per il particolare. Ha mirato alla sintesi pur restando pateticamente ancorato all’emozione delle cose viste, al succo di un certo colore all’amorosa dolcezza di un tono. La visione limpida della laguna, la scansione geometrica di una casa, l’equilibrio di una natura morta, il tralcio di una vite: ogni connotato della quotidiana realtà gli è servito per rendere, pittoricamente l’interiore stato d’animo di chi a questa realtà si accosta, appunto, con categoriale purezza quattrocentesca. È come se una sottile ansia di entrare dentro il sentimento dell’uomo lo guidasse, ha affrontato anche grandi temi della storia: la pietà,
la maternità, la crocefissione. L’ha fatto con una tale puntualità e delicatezza, cioè senza scadere nel banale e nel esornativo, che rimaniamo ammirati di fronte alla perfetta rispondenza di ogni quadro, di ogni elemento, di ogni frammento.
Tutto obbedisce ad una specie di musica lenta e solenne che trapassa da tono a tono, da scansione a scansione. Siamo al limite della “maniera” ma l’aderenza del sentimento e sempre percepibile, più di ogni forzata coerenza. È anche per questo che salutiamo in Ghisetti un pittore antico e nuovo insieme, che s’aggiunge al panorama sempre vivo della pittura veneziana.
Paolo
Rizzi
Fondamenta C.Parmense 10 , Murano VE